Il prof boccia il Giudice promuove, la scuola privatizzata dalle famiglie ha smarrito la sua missione

maggio 31, 2016 at 2:00 admin

Insegnare e dirigere una scuola diventano mestieri sempre più complicati. Disconosciuto il ruolo pubblico dell'insegnante si assiste al fenomeno crescente della contestazione valutativa del profitto per via giudiziaria come anche al rigetto di ogni forma di valutazione della performance da parte del corpo docente. Sugli equivoci sorti nel mondo della scuola moderna che non riesce più a regolare i rapporti tra genitori, docenti, dirigenti e politica si sono confrontati nella trasmissione radiofonica "la versione di Oscar" per RadioSole24, il prof. di storia della pedagogia presso l'Università di Bergamo Adolfo Scotto di Luzio e Mario Maviglia, dirigente territoriale della Provincia di Brescia. Tutte le volte che si boccia un alunno, si rischia di dover comparire davanti ad un Giudice conferma il prof. Maviglia che con un pò di filosofia riesce a cogliere anche un aspetto positivo nella diffusione di questo nuovo fenomeno sociale che a suo dire rileverebbe comunque una certa attenzione ai temi della scuola anche se esplicitata con modalità censurabili: lascia intuire che i genitori sono comunque attenti ai processi di apprendimento dei figli. L'aspetto negativo invece evidenziato dal fenomeno è che molto spesso si concretizza nel ricorso al Giudice, una invasione di campo che lascia inutilizzati i filtri che la stessa scuola propone. A volte basta anche solo lasciarsi sfuggire qualcosa di sbagliato coi ragazzi ed il giorno dopo ti ritrovi la lettera dell'avvocato che ti intima una condotta piuttosto che un'altra. Una volta ciò non accadeva, andavi dal Preside oppure passavi dal professore per un chiarimento. Tutto questo accade secondo Maviglia, perché le famiglie hanno pochi figli, sempre più spesso un solo figlio. In sostanza un tempo le famiglie numerose avevamo maggiori possibilità di veder realizzate le loro aspirazioni, se non riusciva un figlio l'altro magari portava a termine i progetti scolastici sognati dalla famiglia. Oggi tutte le attese e gli obiettivi sono caricati sui figli unici. Un tempo non si andava dai Carabinieri per un 5 in pagella, ma gli mollavi un ceffone, oggi ti arriva invece una denuncia, segno dei tempi. E' forse un problema di mutata percezione del ruolo di docente, abbiamo forse delegato troppo la scuola ai pedagogisti? Con una provocazione Giannino chiama in causa Adolfo Scotto di Luzio: anche ai pedagogisti andrebbe spiegato perché tutto ciò è accaduto. L'impressione è che la ricerca di questo tipo di spiegazioni sia prigioniera di un circolo vizioso. Sono fenomeni che hanno una pluralità di cause d'altronde, nella società ci sono movimenti contrastanti perché accanto all'inciviltà dei genitori che aggrediscono i docenti o che usano i Tribunali e gli avvocati per intimidire, registriamo anche movimenti che propugnano il ritorno all'ordine. Il punto è che la scuola pubblica come Istituzione ha smesso di esistere ed è diventata una Istituzione privatizzata perché ognuno è stato autorizzato a pensare alla scuola come alla "scuola che vorrebbe" e quindi i genitori, le famiglie si sono presi la scuola di fronte ad una Istituzione che ha perso di autorità. Noi abbiamo avuto una lunga stagione di scuola democratica tra il 1950 e 1985 che ha fatto fare al paese un grandissimo balzo in avanti. Quella scuola esercitava la sua funzione sulla base di un fortissimo mandato politico che orientava il paese nella direzione dell'uscita dalla sua condizione storica di arretratezza materiale e culturale. Questo lungo processo è giunto a compimento alla fine degli anni '80. Da quel momento in poi non abbiamo più saputo quale missione affidare alla scuola e siamo giunti a queste punto. 

Dalla missione della scuola, la discussione passa inevitabilmente alla formazione professionale ed il dirigente Maviglia osserva come purtroppo in Italia la formazione professionale essendo di competenza delle Regioni sia diventata più un problema giudiziario che un questione pedagogica tra scandali, sperperi e tanto altro. Per quanto riguarda l'alternanza scuola-lavoro con la L. 107 si sta cercando di recuperare il tempo perduto, solo nel tempo potremo vedere se darà i frutti sperati. Da noi chi sceglie la formazione professionale è uno sfigato, si pensa che debba essere destinata ai "proletari della cultura". Fuori le aziende dalla scuola ribatte Giannino, come se non si pagasse amaramente tutto questo. Per questa ragione continuiamo ad avere migliaia di laureati in Legge, osserva. Esatto risponde Maviglia, nella nostra scuola la cultura del lavoro non c'è, si cerca di costruirla ma viene visto con diffidenza. Nell'immaginario collettivo, la scuola è il liceo classico prima di tutte, poi man mano a scendere gli altri licei fino ad arrivare agli istituti professionali e all'ultimo stadio, il più negletto resta la formazione professionale. Scardinare questi archetipi non è così semplice. L'alternanza scuola-lavoro è un tentativo che però non va ad incidere nella struttura scolastica. Darà modo ai giovani di confrontarsi con ambienti di lavoro reali e magari di capire quali sono le loro propensioni. 

Valutazione della performance, Giannino porta infine il dibattito sul salario di merito agli insegnanti riferendo come tanti dirigenti sono alle prese con difficoltà enormi nella gestione della valutazione perché coi docenti sindacalizzati si rischia un clima insurrezionale nelle scuole. La maggioranza dei docenti si dicono contrari alle fasce di merito stipendiali differenziate. Maviglia risponde che effettivamente è molto curioso perché gli insegnanti quotidianamente sono impegnati a valutare per poi sottrarsi quando arriva il loro turno. Resta solo da pensare che ci sia un elemento punitivo nella valutazione, vorrebbe dire che i docenti "puniscono" quando valutano altrimenti non si capisce perché possono valutare gli altri e non debbano essere valutati essi. Anche qui c'è un problema culturale, i docenti italiani non sono stati abituati a vedere il loro lavoro sottoposto a valutazione in realtà, la valutazione dei docenti avviene già implicitamente nel giudizio degli alunni e dei genitori. Chiamato ad esprimere un parere in merito, Scotto di Luzio sottolinea come questi discorsi siano semplicemente i tentativi per cercare una "nuova scuola" che tutti vorrebbero trovare, ma che nessuno è riuscito con precisione ancora ad identificare. Ad esempio chiede: come si fa a valutare un docente? Che cosa dobbiamo chiedere ad un insegnante per poter dire sei un buon insegnante e vai premiato? Scrivere delle note ex ante e far valutare ex post da indipendenti non da colleghi risponde Giannino, come accede nel mondo anglosassone, le metriche ci sono e si conoscono. Anche in America si dibatte su queste metodologie chiosa Adolfo Scotto di Luzio, soprattutto perché rischiano di mandare in frantumi la comunità scolastica: quand'anche abbiamo valutato un docente come un "buon docente", che cosa ne facciamo degli altri? E che cosa diciamo ai genitori cui toccano in destino ai loro figli tutti gli altri docenti? La struttura della scuola è fortemente burocratizzata, non ha possibilità di liberarsi degli insegnanti...[FONTE]

 

 

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