aprile 30, 2017 at 10:37
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admin
Anche per questo 2017, siamo giunti al 1° maggio, festa dei lavoratori. Nel fiume di parole che puntuale scorrerà nelle piazze, sulle pagine dei giornali e tra i "links" dei notiziari digitali, abbiamo deciso di proporvi l'analisi di Francesco Cavallaro, segretario generale del sindacato autonomo Cisal, che se non propriamente originale nelle argomentazioni storiche-economiche, ha il merito però di ricondurre il tema del lavoro fuori dalla banalizzante circostanza celebrativa e puntare con decisione alla ragioni ed ai motivi che lo hanno svalutato e reso fattore economico-sociale di grado inferiore nel vissuto concreto della realtà Repubblicana contemporanea. Non nuovo il dibattito sull'interpretazione autentica del dettato Costituzionale in merito al lavoro posto a fondamenta della nostra Repubblica, tra chi lo ritiene un diritto disatteso dall'ordinamento legislativo nel corso degli ultimi settanta anni e coloro i quali pensano che il lavoro come fondamenta della Repubblica sia stato evocato alla stregua di un espediente retorico in quanto di fronte alla Legge la stessa Costituzione pone tutti i cittadini sul medesimo piano, siano essi lavoratori, siano essi produttori, siano essi soggetti che traggono reddito dalla rendita speculativa. Quelle che ci sembrano più interessanti, sono le conclusioni a cui perviene il segretario Cavallaro quando imputa il disastro economico del nostro paese e all'inerzia del legislatore e alla "giurisprudenza costituzionale che tenta costantemente di screditare ogni argomentazione fondata sul principio lavorista" e non ultima, alla UE che ha pignorato quote significative di sovranità, con le quali ha ridimensionato il valore del lavoro e di fatto impedito l'emancipazione che ne verrebbe dalla partecipazione agli utili. Vale veramente la pena leggere questa breve e pregnante nota del segretario del sindacato autonomo CISAL
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ottobre 1, 2016 at 11:31
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43 anni, avvocato col pallino dell'insegnamento. Francesca Saudino, ha trascorso l'estate a preparare il concorsone e si è classificata prima in Campania, vincitrice di cattedra in diritto ed economia. Quella che in altri tempi si sarebbe detta una vera cima, particolarmente vocata all'insegnamento. A fregarla però ancora una volta l'ennesima riforma che a parole doveva premiare i meriti, ma che in questo caso nei fatti si è rivelata una "pessima scuola" perché ha consentito che la cattedra le venisse soffiata dai colleghi professori immessi in ruolo senza concorso e dai colleghi rientrati in Campania dal nord con la mobilità. Costituzione alla mano, anche per Francesca non c'è altra alternativa che ricorrere per vie legali. I diritti dei "bravi e meritevoli", devono avere la precedenza sui "diritti politici" ed allora qualcuno immesso in ruolo per via amministrativa o trasferito per mobilità, deve cederle il posto. I giovani non vanno ingannati dallo Stato, a maggior ragione quando giovani non sono più a forza di studiare...[fonte]
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settembre 4, 2016 at 11:03
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Il Miur riconosce che il programma di gestione dei trasferimenti soprattutto per i docenti della "fase C" è inadeguato, ma al caos da dilettanti allo sbaraglio inammissibile per una Pubblica Amministrazione non trova migliore soluzione che confermare di fatto la lesione di diritto fissato dalla stessa "buona scuola". I tecnici ministeriali per impedire la prevedibile protesta dei tanti che si sono visti assegnare la sede desiderata, hanno riordinato l'algoritmo ponendo una sola altra condizione: coprire le cattedre rimaste vacanti evitando di spostare i docenti andati in "paradiso per caso". Gli esiti della conciliazione dunque non hanno riconciliato l'animo dei docenti che si erano affidati agli apparati dello Stato rispondendo positivamente all'invito che l'anno passato li aveva fiduciosamente fatto accettare una cattedra lontani da casa con la promessa di un riavvicinamento dopo un di sacrifici. Non restano che le aule dei Tribunali agli sfigati per riconciliarsi con il più approssimativo datore di lavoro italiano, ma costa. Proporre un ricorso al Giudice è un investimento che molti non hanno possibilità di affrontare, i costi si aggirano tra i 600 ed i 700 euro conferma Giuseppe D'Aprile della Uil-scuola [fonte] - [fonte]
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settembre 20, 2015 at 11:50
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Pare che sia giunto il momento anche per il sindacato italiano di non vivere più sugli allori del passato. Già a dicembre infatti, appena dopo l'approvazione della Legge di Stabilità, è in programma la nuova Legge sulla Rappresentanza che andrà a regolamentare il diritto di sciopero e sarà una bella botta sul potere di interdizione delle piccole sigle. Gli scioperi infatti potranno essere proclamati solamente da quelle organizzazioni sindacali la cui somma di rappresentanza raggiungerà il 50,1% dei lavoratori dell'azienda pubblica iscritti, ma non basterà. Le stesse organizzazioni proclamanti lo sciopero dovranno indire un referendum preventivo tra i lavoratori che si esprimeranno a scrutinio segreto sull'eventualità. Per scioperare bisognerà che almeno la metà dei lavoratori (50%), voti a favore. Ed è andata bene, se si pensa che in Germania perché sia autorizzato uno sciopero, deve votare a favore il 75% dei lavoratori. L'auspicio di chi scrive, è che anche in Italia coloro i quali assumono responsabilità nel sindacato come in politica, siano ispirati e disinteressati e sappiano interpretare il ruolo con sincerità e passione, non come viatico di carriere e sistemazione di comodo (fonte)