marzo 28, 2016 at 11:50
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admin
La storia di Fabrizio, professore veronese di 54 anni al quale gli alunni per troppi, lunghi anni hanno reso la vita impossibile gettandolo nella disperazione. Fabrizio è uno di quei tanti docenti che non si limitano alla lezione in classe, ma si curano dei ragazzi e dei loro disagi. Un giorno raccomanda ad un suo allievo di allacciare il casco prima di schizzare via sul motorino. Non l'avesse mai fatto: il ragazzo muore in un incidente stradale ed il povero Fabrizio è preso di mira dai giovani suoi allievi con offese pesanti in rete ed isolamento tra le mura della scuola. Al linciaggio del "porta sfiga" non si sottraggono nemmeno i colleghi. Denunce alle autorità di polizia postale e reiterati trasferimenti alla ricerca di un nuovo inizio, rendono impossibile la vita di Fabrizio che paga il suo amore per il lavoro ad un prezzo molto caro. Isolato e di fatto espulso dalla comunità di lavoro, il prof preoccupato e paterno riesce per fortuna a trovare rifugio e comprensione solamente nel calore della famiglia...(fonte)
dicembre 8, 2015 at 2:52
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admin
La sentenza della Corte di Cassazione n.24157/2015 ha chiarito incontrovertibilmente che ai dipendenti pubblici si applica la Legge 300/1970 (statuto dei lavoratori), così come riformata dalla Fornero, ma non si può applicare il "job act" che parla di tutele crescenti per operai, impiegati e quadri, una classificazione che non trova riscontro nella Pubblica Amministrazione. Conferma altresì che i pubblici dipendenti sono licenziabili, ma secondo le procedure previste dallo Statuto dei lavoratori. Quindi il dualismo pubblici/privati resta ad alimentare la confusione nella disciplina di settore mentre a mio parere non dovrebbero esserci regimi paralleli nell'ordinamento del lavoro sostiene il prof. Michele Tiraboschi (fonte)
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Tags: Tiraboschi, professore, Università, giuslavorista, licenziamenti, disciplinari, giusta causa, sentenza, Cassazione, job act, Statuto, lavoratori
agosto 18, 2015 at 11:21
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il signore dei bidelli
Il bernoccolo della matematica
A tutta consolazione di chi si sente incapace di risolvere problemi e o enigmi dirò che nonostante il mio esercizio spesso anch'io per alcuni problemi non riesco a trovare una soluzione almeno nell'immediato. Questo dipende spesso da un fattore molto semplice, che molti ignorano, anche perché non ne conoscono le radici. L'argomento non è difficile, ma è complesso, nel senso che ha una enorme quantità di variabili ambientali e personali; per questo motivo potrei spiegare la mia opinione riportando una frase fatta pronunciare dal tenente Colombo in una delle sue indagini. Quando gli domandavano come faceva a risolvere sempre i casi rispose che questo succedeva perché aveva tanta esperienza di omicidi, mentre gli assassini, in genere, ne hanno poca perché hanno commesso uno o alcuni e quindi inevitabilmente commettono errori.
Il segreto per "sembrare bravi" è quello di fare tanti esserci e imparare le tipologie di enigmi che a ben vedere si possono risolvere in ogni classe di appartenenza con simili percorsi. Naturalmente salvando la pace dei geni che sono per definizione al di sopra degli schemi perché hanno una intelligenza divergente e degli stupidi che al contrario non capiscono neanche se gli dai tu la soluzione.
Per me l'insegnamento a scuola è solo un utile esercizio su schemi classici proposti da grandi pedagogisti, che servono in maniera propedeutica a continuare gli studi, ma che nella maggior parte dei casi può esserti più utile la settimana enigmistica o testi specializzati in enigmistica e problemi.
Infine debbo anche aggiungere che per risolvere i problemi bisogna amare i problemi e nella maggior pare dei casi si risolvono da soli. Almeno a me succede così.
aprile 4, 2015 at 2:14
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admin
C'era una volta la cattiva scuola, una scuola dove al maestro era riconosciuto il ruolo di pedagogo, figura che assumeva una funzione riconoscibile anche nei rapporti sociali con la famiglia dell'allievo che idealmente lo eleggeva a suo responsabile nel percorso di crescita formativa dei figli. Oggi invece c'è la buona scuola, la scuola democratica dell'autonomia dove al professore non si vuole più riconoscere l'esercizio fondamentale del ruolo di esperto nel processo di crescita culturale e maturazione civile dei giovani, per cui molto spesso i problemi e le lacune degli alunni sono imputate non già alle comprensibili carenze di attenzione ed impegno dei ragazzi in ragione della fase critica dei mutamenti che ciascuno a suo modo attraversa nel trapasso infanzia-adolescenza-giovinezza, ma all'incapacità quando non addirittura all'accusa di ignoranza del professore medesimo. Quasi come se un docente arrivasse in classe scelto per caso tra gli stessi alunni piuttosto che selezionato da innumerevoli prove di esami e valutazioni al fine di raggiungere l'obiettivo professionale prescelto per vocazione. Quindi oggi nella buona scuola siamo arrivati al paradosso che se il figlio non apprende non è perché non studia, ma perché il professore non sa insegnare. Logico corollario di un simile approccio culturale, è il disconoscimento del ruolo di educatore proprio del docente da parte della famiglia e dell'allievo che non l'assume a riferimento, ma vi si rapporta da pari a pari. Per la prima volta, diamo merito alla Giannini, un Ministro dell'Istruzione si è fatto carico di censurare pubblicamente nel Forum organizzato da Repubblica.it questo preoccupante fenomeno i cui aspetti degenerativi rischiano di avere ripercussioni negative irrimediabili sul complesso sviluppo evolutivo dei fanciulli.
Per il resto che cos'altro ha detto la Giannini: la buona scuola sarà Legge a metà maggio, che i poteri decisionali dei Presidi si sono sicuramente rafforzati, ma non saranno esercitati a vita perché dopo un congruo numero di anni ritorneranno all'insegnamento, che l'Università e la Ricerca usciranno dalla Funzione Pubblica per aver un regime contrattuale proprio che valorizzi la specificità e le necessità del settore (FONTE).
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