Decurtazioni, mancato rinnovo e revoca dall'incarico, a luglio il Ruolo Unico della Dirigenza Pubblica

giugno 28, 2016 at 4:52 admin

Ruolo unico delle dirigenza, a Luglio il Decreto attuativo della riforma Madia in materia. Alla Funzione Pubblica si accelera sulla bozza che dovrebbe essere di 23 articoli e che al momento ha ancora tanti spazi bianchi. Il timore per Barbara Casagrande segretario generale dell'Unadis, il sindacato dei Dirigenti Statali, è che si possa perdere l'incarico per un arbitrio. Il ruolo unico dei dirigenti si sviluppa su tre livelli: Stato, Regioni ed EELL da cui verranno scelti per incarchi quadriennali rinnovabili una sola volta. Fin qui, nessun problema. Le novità più significative riguarderanno i dirigenti che non riusciranno ad aver un incarico. Dovranno partecipare ad almeno dieci selezioni in tre mesi e si vedranno tagliare lo stipendio tabellare del 10% per ogni anno in cui resteranno in disponibilità fino ad un massimo di sei anni, trascorsi i quali, se permane la vacanza di incarico potranno essere licenziati od optare per la "retrocessione" a funzionario. Significative modifiche riguarderanno anche i dirigenti in attività: in caso di valutazione negativa, se non raggiungeranno gli obiettivi si vedranno lo stipendio di risultato tagliato fino ad un massimo dell'80% inoltre, sarà loro interdetto il rinnovo dell'incarico e nei casi più gravi, potranno anche essere revocati.

[fonte-UNADIS]

[ruolo unico]

[fuori ruolo unico]

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Licenziamenti, automatismi, contenziosi ed impugnative, Rughetti chiarisce il nuovo procedimento disciplinare della Riforma

giugno 28, 2016 at 1:47 admin

Angelo Rughetti, Sottosegretario del Governo Renzi al Ministero della Semplificazione e Pubblica Amministrazione intervistato da Oscar Giannino per Radio Sole 24 ci aiuta a comprendere le novità introdotte nell'ordinamento con l'approvazione definitiva nel Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2016 del Decreto Attuativo della Riforma Madia in tema di licenziamenti disciplinari: rispetto alle norme vigenti, le modifiche apportate rendono effettiva la procedura amministrativa del licenziamento a seguito di attestazione fraudolenta della presenza in ufficio. Un procedimento che pur scritto e previsto sulla carta, nella realtà non vedeva applicati i suoi effetti pratici perché l'unico modo per realizzarlo era l'intervento del Giudice. Infatti, tutti i casi di assenteismo fino ad ora sono venuti alla ribalta della cronaca, grazie all'intervento delle Procure che piazzano le telecamere e poi fanno scattare gli arresti. A ben riflettere, è come una sorta di ammissione di impotenza della Pubblica Amministrazione che fuori dal sistema penale, NON aveva strumenti per difendersi. Il Decreto attuativo della Riforma della PA, interviene a rimuovere questi ostacoli stabilendo in primo luogo un automatismo in caso di flagranza di reato: se ti scorgo de visu oppure se c'è una telecamera che ti riprende mentre timbri ed abbandoni il posto di lavoro, non c'è più bisogno di cercare prove documentali con indagini complesse, ma scatta un "procedimento disciplinare atipico" che in 48 ore prevede la sospensione dallo stipendio e la convocazione per contestare gli addebiti. Il lavoratore avrà 30 giorni per produrre una difesa a sua discolpa. Se risulterà convincente, rientrerà in servizio, diversamente sarà licenziato. Questo è il modo più diretto che abbiamo immaginato per superare gli ostacoli al licenziamento disciplinare fin qui sostanzialmente non applicato perché da un lato non avevamo un automatismo e dall'altro, la procedura disciplinare comprendeva una fattispecie astratta di casi molto diversi. Il nuovo procedimento disciplinare beninteso, varrà solamente nei casi di evidenza conclamata di comportamenti fraudolenti. Un altro elemento importante introdotto dal Decreto attuativo, riguarda la facoltà di impugnativa. Fino ad oggi, anche quando si arrivava al licenziamento, il lavoratore infedele veniva reintegrato sul posto di lavoro dal Giudice non perché le Amministrazioni fossero incorse in errori, ma per vizio di forma. La nuova norma sul punto è molto importante: fatta salva l'eccezione dei giusti termini a difesa, in tutti gli altri casi eventuali ritardi di notifica ad esempio, NON potranno essere causa di impugnativa. Quindi da un lato riduciamo il contenzioso, dall'altro la nuova norma non vanifica la procedura di licenziamento per un semplice vizio di forma. Riassumendo: la impugnativa giudiziale resta solamente in caso che si riesca a dimostrare davanti al Giudice che il licenziamento è avvenuto per motivi discriminatori. Non c'è più discrezionalità che era molto spesso l'elemento collusivo della Dirigenza nel valutare i comportamenti del dipendente; si restringe l'area delle possibili impugnative; si interviene automaticamente nelle 48 ore con la sospensione, e si concedono 30 giorni per la difesa. Come si fa a cambiare mentalità, visto il perdurare del fenomeno chiede Giannino. La norma serve per restituire dignità ai dipendenti pubblici che mandano avanti la baracca risponde il sottosegretario Rughetti. Diversifichiamo il trattamento in ragione delle diverse situazioni. A differenza di Brunetta noi non pensiamo che i dipendenti pubblici siano tutti fannulloni, ed investiamo perché dove funziona il sistema pubblico fa la differenza. Dove abbiamo imprese degli EELL che offrono servizi di qualità in tempi brevi e certi, quelle aree ne traggono un vantaggio competitivo. Siccome le risorse a disposizione sono poche, non le daremo a pioggia come è accaduto fin qui, bensì andremo a metterle in quei servizi che le comunità richiedono. Non sarà lasciato ai dirigenti illuminati scegliere quali obiettivi raggiungere perché magari ha interesse a premiare tutti. Le risorse saranno allocate sulla domanda dei clienti della PA: cittadini ed imprese.

[dlgs-Madia-Licenziamenti]

[dlgs-Madia-Licenziamenti-CdM-120-16]

[Radio Sole24Ore-Giannino intervista Rughetti]

 

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Licenziare per assumere i precari, Ichino insiste, il job act agli Statali è automatico

giugno 11, 2016 at 3:12 admin

Il nuovo T.U. del pubblico impiego è oramai prossimo e dalla Funzione Pubblica fanno trapelare di essere orientati al doppio regime pubblico-privato in tema di lavoro allineandosi alla più recente sentenza della Cassazione, la n. 11868/16 che paradossalmente, pur confermando il licenziamento del ricorrente ha mantenuto fuori gli Statali dalla riforma Fornero dell'art.18 dello Statuto dei Lavoratori mentre pochi mesi prima, con la sentenza n. 24157 del novembre 2015 ne aveva estesa l'applicazione anche al settore pubblico. Accanto alla Madia si schiera anche il Ministro del Lavoro, ma nel Governo le posizioni in tema di reintegro in caso di licenziamento illegittimo e tutele crescenti, le posizioni non sembrano tutte allineate all'ultima pronuncia della Cassazione Zanetti ad esempio, sottosegretario all'economia, parla di "errore tecnico e politico" in merito alla scelta del doppio regime. Nemmeno Ichino, già collega di Zanetti in Scelta Civica poi passato tra le fila del PD si smentisce: quelle della Madia sono opinioni personali, il Job act si estende automaticamente al pubblico impiego, la previsione di esclusione fu espunta dal testo definitivo approvato. Il Governo non può legiferare in materia di licenziamenti perché eccede la Delega ricevuta dal Parlamento per riformare la PA. Licenziare darebbe una prospettiva ai precari della PA di poter essere stabilizzati impegnando le risorse così liberate. La cosa riguarderebbe solamente gli assunti dopo il 5 marzo 2015. Ichino fa addirittura appello ai sindacati perché capiscano che non si degnano nemmeno più di rispondergli...[fonte.1] - [fonte.2]

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Statali inamovibili, comma della Fornero fa ricredere la Cassazione, la nuova sentenza 11868-2016 sul reintegro ripristina l'art. 18

giugno 10, 2016 at 2:53 admin

I giudici della Suprema Corte nel non lontano novembre 2015 stabilirono con la sentenza n.° 24157 che in ragione dell’art. 51 comma 2 del d.lgs. n. 165/2001, il quale recita: “la legge 20 maggio 1970 n. 300 e successive modificazioni ed integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti", l’art. 18 della predetta legge, come novellato dall’art. 1 L. n. 92/2012, si applicava anche ai pubblici dipendentia prescindere dalle iniziative normative di armonizzazione previste dalla legge n. 92. A distanza di pochi mesi e facendo leva sul comma 8 dell'art. 1 della stessa Legge 92/2012, i Giudici di Cassazione sezione lavoro, hanno riformato la loro stessa pronuncia con la nuova 

Sentenza n. 11868 del 09/06/2016 stabilendo che "ai rapporti di pubblico impiego contrattualizzato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 165 del 2001 non si applicano le modifiche apportate dalla l. n. 92 del 2012 (cd. legge Fornero) all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, sicché la tutela del dipendente pubblico nel caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva all’entrata in vigore di tali modifiche resta quella prevista dall’art. 18 dello Statuto nel testo precedente la riforma". Decisivo perché i Giudici ritornassero sulle loro precedenti interpretazioni è stato il Comma 8 dell'art.1 Legge Fornero che rinvia ad un successivo Decreto del Ministero della Funzione Pubblica l'armonizzazione delle norme del settore pubblico a quelle dettate per il settore privato. Dunque, fino al successivo intervento normativo, ai dipendenti pubblici non si estendono le nuove norme in tema di indennizzo in caso di licenziamento illegittimo e resta in vigore il reintegro sul posto di lavoro. A differenza del settore privato fanno notare i Giudici, nel pubblico impiego la tutela dal licenziamento è posta anche nell'interesse generale non solamente del soggetto da rimuovere e qui le motivazioni a nostro parere scricchiolano, perché gli interessi collettivi tutelati dalla Legge a cui fanno riferimento i Giudici della Cassazione, potrebbero coincidere esattamente con il licenziamento del soggetto quando i comportamenti posti in essere recano danno alla collettività e gettano discredito sulla P.A.

 

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Corte dei Conti, spesa personale ridotta di 11 miliardi Italia tra i virtuosi Ue, permane però l'inefficienza della PA che trascura la valutazione della performance

giugno 9, 2016 at 7:26 admin

Relazione 2016 al Parlamento sul costo del lavoro pubblico: la spesa per redditi da lavoro dipendente è diminuita di 11 miliardi attestando il suo valore sui 161,7 miliardi di euro. con una sorprendente riduzione rispetto al 2014 di oltre un punto percentuale a fronte di una previsione di crescita nel Def 2015 che annotava una ripresa anche se lieve dell'incremento di spesa. La Corte sottolinea come la spesa sia ritornata ai livelli del 2006, annullando gli incrementi dovuti a due tornate contrattuali. Questo risultato è stato conseguito grazie alle severe misure di blocco del turn over e blocco delle dinamiche retributive scrivono ancora i giudici contabili. I pubblici dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato  erano  3.219.000 al 31 dicembre 2014 confermando la tendenza alla diminuzione nonostante un’importante operazione di immissione in ruolo di personale precario della scuola nello stesso anno. Per  il 2015 la Ragioneria Generale ipotizza un ulteriore dimagrimento del numero dei pubblici dipendenti di oltre un punto percentuale segnala ancora la Corte dei Corti. Dal 2008 al 2014, l’occupazione presso le pubbliche amministrazioni è scesa di quasi 7 punti percentuali con un significativo  risparmio  sulla  spesa  per retribuzioni lorde pari al 6,8 per cento (-7,9 miliardi). Dopo  un  lungo  andamento  incrementale,  la  spesa  di  personale  è,  dunque, ritornata una variabile sotto controllo. Nella P.A. italiana però, permane la scarsa produttività e l'inefficienza, tra i cause i giudici individuano anche la bassa attenzione alla valutazione del personale e l'assenza di un sistema incentivante [relazione Corte dei Conti 2016]

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Giovane, bella e secchiona Serena Sorrentino delfina della Camusso, rottama Dettori alla segreteria Cgil-FP

giugno 9, 2016 at 3:36 admin

Giovane, bella e secchiona, ma non è fiorentina. E' napoletana doc Serena Sorrentino la delfina della Camusso cooptata alla segretaria della Cgil-Fp in sostituzione della più stagionata Dettori. Per "ringiovanire la dirigenza" fanno sapere dal sindacato ed in effetti l'aggettivo giovane ricorre più volte nelle brevi note biografiche diffuse dalla Confederazione generale del Lavoro. Prova anche questa il sindacato pur di mettersi al passo coi tempi, d'altronde la rottamazione al femminile ha già fatto tendenza al Governo e s'approssima a farla nelle Amministrazioni locali. La giovane biografia racconta anche di una Sorrentino sindacalista precoce che alla tenera età di 13 anni mise piede in Cgil per rappresentare un problema della sua scuola. Preparatissima, si sa che ha compiuto studi umanistici e di quanto "il lavoro, insieme al suo complesso portato di diritti, è stato il centro del suo impegno". Nulla si è invece riusciti a leggere circa la sua professione per cui al momento siamo portati a pensare che il sindacato sia stato il lavoro totalizzante della sua vita, ma aspettiamo lumi in proposito e vi preghiamo di non fare battute nel frattempo. Comunque promette bene, il rinnovo del contratto sarà la sua stella polare ha dichiarato nella proposta programmatica [biografia] - [programma] - [dicono di lei]

 

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Pronta la direttiva Madia per l'Aran, 30 euro di aumenti per soli ottocentomila Statali

giugno 8, 2016 at 1:51 admin

Pochi, benedetti e subito, parte a luglio il tavolo negoziale dei rinnovi contrattuali nel pubblico impiego. Saranno di 30 euro gli aumenti di stipendio destinati ai soli redditi bassi. Sta per essere  infatti licenziata la Direttiva Madia all'Aran con l'indicazione di concentrare le poche risorse disponibili (300 ml), solamente sui redditi medio-bassi. Il Governo però lascerà alle parti decidere la soglia massima di reddito che darà diritto a ricevere gli aumenti riservandosi l'emanazione di una successiva direttiva integrativa nel caso che la trattativa ristagni. Si calcola che la platea degli aventi diritto agli incrementi stipendiali si aggiri intorno alle 800mila unità dei tre milioni complessivi di lavoratori alle dipendenze delle P.A. La direttiva conterrà anche indicazioni circa il salario accessorio che vedrà applicate le fasce di merito della Riforma Brunetta con la determinazione di un 25% di lavoratori che sicuramente resterà fuori da ogni ripartizione di risorse premiali. Siccome però questo meccanismo risulta eccessivamente penalizzante per le mansioni di basso profilo, il Governo ha previsto di correggerlo con il T.U. che potrebbe essere approvato già a luglio. La Uil è sul piede di guerra: sciopero generale annunciato per settembre. Più prudente invece la Cgil che per bocca della Camusso chiede di attendere gli sviluppi della situazione prima di esprimere una valutazione definitiva...[fonte]

 

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I docenti afflitti dal male oscuro dell'uguaglianza, vanno valutati sulla sola reputazione

giugno 2, 2016 at 2:08 admin

Continua la nostra inchiesta sul mondo della scuola alla ricerca del suo assetto cogliendo l'occasione offerta da Attilio Oliva, educatore con l'ennesimo giudizio tranciante in tema di valutazione e meritocrazia: la scuola italiana costa 50 miliardi l'anno ed impiega un milione di persone. Un investimento notevole per il quale alcuno si preoccupa di valutare i risultati. Anzi, assistiamo ad uno scandaloso ostracismo da parte sindacale ad ogni occasione di misurazione dei risultati di apprendimento e della didattica. Apprezzabile il tentativo della buona-scuola di assegnare dei premi sulla base di criteri condivisi purché non si finisca per sentenziare che sono tutti bravi azzerando ogni possibile innesco di emulazione positiva. Se c'è un errore da imputare al Governo è stato quello di non aver dato dei criteri precisi di valutazione. La reputazione deve essere il criterio oggettivo in ragione del quale un docente va premiato. Analogamente a quanto accade con la selezione dei Nobel ad esempio, dove è l'intera comunità scientifica chiamata a selezionare con giudizi soggettivi i migliori. L'egualitarismo invece ancora condiziona la scuola impegnata alla ricerca di fantomatici criteri oggettivi come le ore trascorse tra le mura della scuola, il numero di compiti corretti, le mostre visitate che non rendono merito al lavoro svolto da bravi insegnanti capaci di trasferire il gusto per il sapere agli allievi...[fonte]

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Il prof boccia il Giudice promuove, la scuola privatizzata dalle famiglie ha smarrito la sua missione

maggio 31, 2016 at 2:00 admin

Insegnare e dirigere una scuola diventano mestieri sempre più complicati. Disconosciuto il ruolo pubblico dell'insegnante si assiste al fenomeno crescente della contestazione valutativa del profitto per via giudiziaria come anche al rigetto di ogni forma di valutazione della performance da parte del corpo docente. Sugli equivoci sorti nel mondo della scuola moderna che non riesce più a regolare i rapporti tra genitori, docenti, dirigenti e politica si sono confrontati nella trasmissione radiofonica "la versione di Oscar" per RadioSole24, il prof. di storia della pedagogia presso l'Università di Bergamo Adolfo Scotto di Luzio e Mario Maviglia, dirigente territoriale della Provincia di Brescia. Tutte le volte che si boccia un alunno, si rischia di dover comparire davanti ad un Giudice conferma il prof. Maviglia che con un pò di filosofia riesce a cogliere anche un aspetto positivo nella diffusione di questo nuovo fenomeno sociale che a suo dire rileverebbe comunque una certa attenzione ai temi della scuola anche se esplicitata con modalità censurabili: lascia intuire che i genitori sono comunque attenti ai processi di apprendimento dei figli. L'aspetto negativo invece evidenziato dal fenomeno è che molto spesso si concretizza nel ricorso al Giudice, una invasione di campo che lascia inutilizzati i filtri che la stessa scuola propone. A volte basta anche solo lasciarsi sfuggire qualcosa di sbagliato coi ragazzi ed il giorno dopo ti ritrovi la lettera dell'avvocato che ti intima una condotta piuttosto che un'altra. Una volta ciò non accadeva, andavi dal Preside oppure passavi dal professore per un chiarimento. Tutto questo accade secondo Maviglia, perché le famiglie hanno pochi figli, sempre più spesso un solo figlio. In sostanza un tempo le famiglie numerose avevamo maggiori possibilità di veder realizzate le loro aspirazioni, se non riusciva un figlio l'altro magari portava a termine i progetti scolastici sognati dalla famiglia. Oggi tutte le attese e gli obiettivi sono caricati sui figli unici. Un tempo non si andava dai Carabinieri per un 5 in pagella, ma gli mollavi un ceffone, oggi ti arriva invece una denuncia, segno dei tempi. E' forse un problema di mutata percezione del ruolo di docente, abbiamo forse delegato troppo la scuola ai pedagogisti? Con una provocazione Giannino chiama in causa Adolfo Scotto di Luzio: anche ai pedagogisti andrebbe spiegato perché tutto ciò è accaduto. L'impressione è che la ricerca di questo tipo di spiegazioni sia prigioniera di un circolo vizioso. Sono fenomeni che hanno una pluralità di cause d'altronde, nella società ci sono movimenti contrastanti perché accanto all'inciviltà dei genitori che aggrediscono i docenti o che usano i Tribunali e gli avvocati per intimidire, registriamo anche movimenti che propugnano il ritorno all'ordine. Il punto è che la scuola pubblica come Istituzione ha smesso di esistere ed è diventata una Istituzione privatizzata perché ognuno è stato autorizzato a pensare alla scuola come alla "scuola che vorrebbe" e quindi i genitori, le famiglie si sono presi la scuola di fronte ad una Istituzione che ha perso di autorità. Noi abbiamo avuto una lunga stagione di scuola democratica tra il 1950 e 1985 che ha fatto fare al paese un grandissimo balzo in avanti. Quella scuola esercitava la sua funzione sulla base di un fortissimo mandato politico che orientava il paese nella direzione dell'uscita dalla sua condizione storica di arretratezza materiale e culturale. Questo lungo processo è giunto a compimento alla fine degli anni '80. Da quel momento in poi non abbiamo più saputo quale missione affidare alla scuola e siamo giunti a queste punto. 

Dalla missione della scuola, la discussione passa inevitabilmente alla formazione professionale ed il dirigente Maviglia osserva come purtroppo in Italia la formazione professionale essendo di competenza delle Regioni sia diventata più un problema giudiziario che un questione pedagogica tra scandali, sperperi e tanto altro. Per quanto riguarda l'alternanza scuola-lavoro con la L. 107 si sta cercando di recuperare il tempo perduto, solo nel tempo potremo vedere se darà i frutti sperati. Da noi chi sceglie la formazione professionale è uno sfigato, si pensa che debba essere destinata ai "proletari della cultura". Fuori le aziende dalla scuola ribatte Giannino, come se non si pagasse amaramente tutto questo. Per questa ragione continuiamo ad avere migliaia di laureati in Legge, osserva. Esatto risponde Maviglia, nella nostra scuola la cultura del lavoro non c'è, si cerca di costruirla ma viene visto con diffidenza. Nell'immaginario collettivo, la scuola è il liceo classico prima di tutte, poi man mano a scendere gli altri licei fino ad arrivare agli istituti professionali e all'ultimo stadio, il più negletto resta la formazione professionale. Scardinare questi archetipi non è così semplice. L'alternanza scuola-lavoro è un tentativo che però non va ad incidere nella struttura scolastica. Darà modo ai giovani di confrontarsi con ambienti di lavoro reali e magari di capire quali sono le loro propensioni. 

Valutazione della performance, Giannino porta infine il dibattito sul salario di merito agli insegnanti riferendo come tanti dirigenti sono alle prese con difficoltà enormi nella gestione della valutazione perché coi docenti sindacalizzati si rischia un clima insurrezionale nelle scuole. La maggioranza dei docenti si dicono contrari alle fasce di merito stipendiali differenziate. Maviglia risponde che effettivamente è molto curioso perché gli insegnanti quotidianamente sono impegnati a valutare per poi sottrarsi quando arriva il loro turno. Resta solo da pensare che ci sia un elemento punitivo nella valutazione, vorrebbe dire che i docenti "puniscono" quando valutano altrimenti non si capisce perché possono valutare gli altri e non debbano essere valutati essi. Anche qui c'è un problema culturale, i docenti italiani non sono stati abituati a vedere il loro lavoro sottoposto a valutazione in realtà, la valutazione dei docenti avviene già implicitamente nel giudizio degli alunni e dei genitori. Chiamato ad esprimere un parere in merito, Scotto di Luzio sottolinea come questi discorsi siano semplicemente i tentativi per cercare una "nuova scuola" che tutti vorrebbero trovare, ma che nessuno è riuscito con precisione ancora ad identificare. Ad esempio chiede: come si fa a valutare un docente? Che cosa dobbiamo chiedere ad un insegnante per poter dire sei un buon insegnante e vai premiato? Scrivere delle note ex ante e far valutare ex post da indipendenti non da colleghi risponde Giannino, come accede nel mondo anglosassone, le metriche ci sono e si conoscono. Anche in America si dibatte su queste metodologie chiosa Adolfo Scotto di Luzio, soprattutto perché rischiano di mandare in frantumi la comunità scolastica: quand'anche abbiamo valutato un docente come un "buon docente", che cosa ne facciamo degli altri? E che cosa diciamo ai genitori cui toccano in destino ai loro figli tutti gli altri docenti? La struttura della scuola è fortemente burocratizzata, non ha possibilità di liberarsi degli insegnanti...[FONTE]

 

 

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Genitori che aggrediscono i professori, si è rotta l'antica alleanza educativa

maggio 21, 2016 at 1:48 admin

Professori in trincea, lasciati soli alla mercé di mille violenze private. Il declino della cultura europea che viviamo in questo particolare frangente storico-sociale, inevitabilmente passa per la scuola e la famiglia sottolinea Mario Sechi, giornalista ed opinionista di MIX24 con Giovanni Minoli e Pitrangelo Buttafuoco. I genitori non comprendono che noi professori non possiamo sostituirci al loro fondamentale ruolo dice la Amanda Ferrario, dirigente scolastica. I ragazzi devono venire a scuola con un bagaglio educativo ben strutturato dalle famiglie, il compito della scuola è formarli, non di sostituirci in un ruolo che non ci compete. L'educazione di base si insegna tra le pareti domestiche. La scuola è un luogo sacro dove le alleanze educative non possono essere solo parole. L'antica alleanza tra genitori e professori che una volta era automatica si è rotta perché il ruolo sociale del professore non viene più riconosciuto. Sono cambiati i genitori innanzitutto e la società nel suo insieme. La scuola non può e non deve diventare bersaglio di ogni rivendicazione sociale conclude la d.ssa Ferrario. La sacralità della scuola è svanita, si è rotto il filo coi genitori che non accettano più l'asino in famiglia riprende Mario Sechi, che però esiste ed è un problema che si supera con l'applicazione allo studio, con il duro lavoro. Oggi si pensa all'insegnante come ad un parcheggiatore che sempre più spesso è fatto oggetto di disprezzo dagli stessi alunni osserva Pietrangelo Buttafuoco, scrittore. I ragazzi inevitabilmente riflettono gli atteggiamenti che percepiscono a casa. Questo accade anche perché il sapere non è più considerato un bene supremo. Di fronte al maestro non ci si pone più col rispetto dovuto a qualcuno che in una certa misura prepara al futuro e lo scontro genitori/insegnanti finisce in Tribunale. Per il prof. Alessandro Davenia, autore, prima le famiglie concepivano la scuola come la palestra per il futuro, adesso pensano che debba essere il luogo per far star bene i figli e farli soffrire il meno possibile e quindi il prof. diventa come una sorta di nemico. I ragazzi non rispettano più il prof. perché c'è una grande crisi dell'autorità in famiglia onda lunga di una progressiva lacerazione del concetto di autorità. In famiglia siccome si fa fatica a comprendere a che cosa bisogna educare, la scuola si sta riempendo di tutta una serie di aspettative che non sono proprie della scuola. Prima si pensava alla scuola come ad un completamento di ciò che si faceva in famiglia oggi, nel momento in cui non si riesce ad educare in famiglia, sulla scuola si proiettano una serie di aspettative che non sono proprie della scuola. La conseguenza è che si sta più con i figli che dalla parte dei professori. Se il figlio ha un insuccesso, il prof. diventa un nemico. Le famiglie essendo sotto pressione, prendono la scuola come bersaglio privilegiato. L'orientamento delle famiglie è cambiato perché non essendo più famiglie numerose, hanno un solo figlio sul quale investono tutto è l'analisi del Prof. Massimo Ammaniti, un'autorità nel campo della psicologia dell'età evolutiva. Il figlio unico è come il capitale di famiglia, temono che la scuola non lo valorizzi. La "famiglia adolescente"si sostisuisce alla famiglia dell'adolescente. Genitori e figli sono sullo stesso piano e non hanno più quel ruolo di guida che segnava dei confini. Padri e madri non danno più la direzione, non indicano più quello che si può o non si può fare, ma condividono gli stessi atteggiamenti. Oggi i genitori sono portati a pensare che se il loro figlio va male non è per causa della mancata applicazione allo studio, ma è per colpa del professore e si crea una alleanza deleteria contro la scuola. Di qui il problema degli insegnanti che non devono fronteggiare solo i ragazzi, ma soprattutto devono difendersi dai genitori con il rischio di essere portati in Tribunale accusati di inadeguatezza. Prof. Ammaniti chiede Minoli, per salvare le vere vittime di questa battaglia, che cosa si deve fare? Credo che i genitori debbano mantenere per quanto possibile il loro ruolo di genitori: dire sì e saper anche dire no; mantenere un ruolo di guida e saper affrontare il contrasto coi figli. I genitori purtroppo preferiscono la strada più facile. Questo è il primo passo. Il secondo è che occorre trovare una continuità tra insegnanti e genitori sapere, come diceva Freud, che il compito degli insegnanti è un compito "impossibile". Basterebbe che ognuno facesse il proprio ruolo e le famiglie imparassero a stare zitte ed affidarsi ai prof un pò come quando si va dal medico conclude Pietrangelo Buttafuoco. Noi de illavoratore.eu preferiamo prendere in prestito le parole di Mario Sechi per chiudere questo dibattito sull'educazione nel mondo moderno dai mille inesistenti problemi: quando il figlio non va bene a scuola, pedate nel di dietro, siamo semplicemente di fronte ad un somaro che non vuole studiare! [FONTE]

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